RIFLESSIONI PER SQUARCIARE UN VUOTO (70 GIORNI SENZA FABIO)

“Bisogna che accettiamo il fatto che la lotta,

in questo mondo, è  essenzialmente criminale,

poiché tutto è divenuto criminalizzabile”

                         ( Maintenant, comité invisible)

 

Scriviamo queste righe nella totale incertezza di quello che sarà il futuro prossimo di Fabio, il nostro giovane compagno detenuto nel carcere minorile di Hanhöfersand, Amburgo, da più di 70 giorni.

Un’enormità, che sommati ai 33 giorni scontati da Maria nel carcere di Billwerder, ci danno la misura di quello che spetta a chi ha osato, anche solo per pochi istanti, contestare i 20 padroni del mondo.

Ragionare su questa sproporzione, capire quello che sta accadendo al di la dell’emergenza di liberare i  compagni, non ci darà certo sollievo, ma almeno ci permetterà di trarre alcuni insegnamenti per il futuro. Quando la repressione si abbatte è bene fare tesoro dell’esperienza, seppur dolorosa, perché è chiaro che il trattamento che gli Stati riserveranno a chi si ostina a voler cambiare il mondo e a chi semplicemente non se ne sta tranquillo nel posto e nel ruolo ad esso riservato, sarà forse ancora peggiore.

È stato scritto tanto sulle giornate di Amburgo, sulla rivolta e sulla resistenza che è stata opposta da migliaia di persone e dai quartieri di San Pauli e dello Schanze, all’enorme dispositivo repressivo messo in campo dal ministro degli Interni tedesco De Maziére/De Misère e dal capo della polizia Hortmundt Dudde. Un gigantesco dispiegamento di uomini e dotazioni con il palese scopo, ancora una volta, di testare sul campo i mezzi e le strategie contro insurrezionali che i governi di tutta Europa stanno sviluppando. Del resto pochi giorni prima del vertice lo stesso Dudde dichiarava: “Potete stare certi che qui ad Amburgo vedrete tutte le possibili dotazioni della polizia tedesca”. Seguito a ruota da Andy Grote, ministro degli interni della città Stato: “Le forze di sicurezza vedranno ogni ostacolo, seppur pacifico, come fonte di assoluta emergenza. Non si fermeranno davanti a nulla”.

Lo stato di emergenza inaugurato con quelle le giornate non è cessato in Germania: 26 ragazzi sono ancora detenuti dalle giornate del G20, diverse decine affronteranno i processi, che per alcuni degli arrestati sono iniziati a fine agosto, con pesanti condanne sulla base di sole testimonianze degli sbirri. A questo si aggiungono le perquisizioni a casa di compagni e compagne e attacchi a a spazi di movimento, la chiusura del nodo tedesco di Indymedia. La campagna elettorale tedesca ha preso poi una deriva anti movimento, con allucinanti proposte di legge contro “gli autonomi” e chiunque si ponga al di fuori delle “loro” leggi e del loro ordine…

La sospensione di qualsivoglia diritto di manifestani, sospettati e arrestati, le prove nella quasi totalità dei casi basate unilateralmente solo sulle dichiarazioni degli sbirri, ci danno la misura del baratro nel quale è precipitato il cosidetto “stato di diritto”. Anzi: della sua evoluzione in un laboratorio del peggio possibile, per testare il quale le giornate di Amburgo hanno rappresentato il tavolo di lavoro. È un fatto talmente evidente che anche il più ingenuo tra i sinceri democratici farebbe fatica a negare.

È proprio su questo che tutti, anche qui, dovrebbero ragionare, facendo lo sforzo di liberarsi dai pregiudizi che affliggono il “cittadino” ogni volta che qualcuno turba l’ordine pubblico, ogni volta che la quotidianità nel suo svogersi uguale e prevedibile, giorno dopo giorno, viene scossa.

È indubbio che a Feltre e non solo, una grande solidarietà si è sviluppata attorno a Fabio, Maria e a tutti gli arrestati di Amburgo sin dai primi giorni. Lasciamo perdere i corvi che ne hanno approfittato per qualche comparsata nei giornali o in tv, dei quali prima o poi sarà utile fare nomi e cognomi. Lasciamo poi nella fogna da cui sono uscite, le idiozie vomitate da fascistelli e benpensanti, nella cloaca di Internet. E tiriamo lo sciacquone.

Parliamo qui di tutta la gente che si è spesa per i ragazzi arrestati, che ha partecipato e partecipa alle iniziative di solidarietà, che in qualche modo ci ha messo la faccia e sta contribuendo a far sì che la vicenda non sia relegata nel privato di famiglia e amici, ma rimanga viva nelle menti, nei cuori e nelle azioni. Perché ci riguarda tutti.

È da qui che bisogna partire, sforzandoci di non banalizzare la questione, anche quando espirimiamo la nostra solidarietà.

Lo shock e lo sconforto che hanno colto tutti i solidali alla notizia che proprio i nostri amici, proprio due ragazzi che conosciamo bene, sono stati arrestati, è  uno di quei macigni che ci piovono addosso e nella quasi totalità dei casi ci colgono impreparati. E il meccanismo automatico di difesa è di far rientrare quello che sta succedendo in categorie che ci tranquillizzano. Quasi ad allontanare da noi spettri che ci fanno paura, perché potrebbero aprire squarci sulle nostre sicurezze, sulle nostre convinzioni.

Questo è uno di quei momenti in cui è meglio per tutti essere chiari.

Chi ha partecipato alle giornate di Amburgo lo ha fatto con tutta l’intenzione di urlare in faccia ai padroni del mondo tutto lo schifo e lo sdegno per come il mondo è stato ridotto. Decine di migliaia di persone erano in quelle strade contro il razzismo, lo sfruttamento, i muri e i confini, le nocività, la gentrificazione. Contro la guerra ai poveri e all’umanità che chi comanda in questo mondo sta muovendo con tutte le sue forze. Erano li per affermare l’amore e il rispetto per la dignità umana. Disponibili a battersi per questo!

La gran parte di quelle persone, poi, ha portato ad Amburgo la voce, i desideri e le pratiche ti tutti quelli/e che non potevano esserci. Quei percorsi che quotidianamente animano la vita di tante persone e movimenti: la gente della “nostra” parte.

Chi era li era conscio che non sarebbe stata una passeggiata, che la polizia non è sulla strada per garantire qualsivoglia diritto, se non quelli dei padroni di turno. Che i padroni del mondo non sono disposti a perdonare chi li contesta. Chi c’era sapeva che non sarebbe stata una festa. Del resto sbirri e politici il sangue lo avevano promesso apertamente.

Per questo è ridicola e senza fondamento l’operazione di chi in malafede, ma spesso anche in buonafede, ogni volta divide i manifestanti in buoni e cattivi. Con questi ultimi che si infiltrerebbero tra i buoni per rovinare passeggiate colorate che non si sa come ci avrebbero altrimenti portato ad un mondo migliore…

La narrazione ufficiale nei giornali locali ha parlato spesso, in questo periodo, dei nostri amici e amiche come di ingenui sprovveduti che si sarebbero trovati nel momento e nel posto sbagliato. Dimenticando, una su tutte, Genova 2001. Per fare un esempio che ancora brucia per tanti/e anche qui in provincia, visto che in tanti “sprovveduti/e” c’eravamo, anche da qui. A Genova polizia, carabinieri, guardia di finanza, forestali, hanno massacrato indiscriminatamente sia chi era disposto ad attaccare, sia chi li aspettava a mani alzate… black bloc, boy scout e buddisti…

Disorganizzati si (forse), sprovveduti no!

Sprovveduto e ingenuo è chi pensa che le forze dell’ordine esistano per difenderci noi, e non Trump, Merkel e Gentiloni…

Sprovveduto e ingenuo (se in buona fede e non tutti in questa vicenda lo sono stati/e…) è chi davanti alla telecamera ha sparato cazzate tipo: “nel pieno rispetto di polizia e magistratura tedesche”. Cioè: di chi ha picchiato, brutalizzato e rinchiuso i nostri compagni/e? Di chi decreta che Fabio “ha un gene criminale” e “disprezza la dignità umana”, sulla base della testimonianza dei servi in divisa?

Ingenuo e sprovveduto è chi alla fiaccolata del 10 agosto a Feltre è intervenuto piu o meno cosi: “mi fa male vedere una mia amica in carcere per colpa di criminali che sfasciavano le macchine”…

Chi si ostina a mantenere, nonostante tutto, una goffa postura democratica, rispettosa delle istituzioni che garantiscono e difendono questo schifo, o è dalla loro parte (schifo compreso), o, seppur in buona fede, sta infliggendo a se stesso, al proprio cuore e alla propria anima, una violenza enorme.

Un compagno tempo fa, citando la criminologia ufficiale, disse che il carcere ha una funzione”ortopedica”. Serve apposta a raddrizzare la schiena di chi non rispetta le regole (le loro). Serve a far “camminare rettamente (questo significa “ortopedia”) rispetto ai percorsi che sono stati stabiliti dalla societa’, di costringere alle sue strade, alle sue mete e ai suoi ostacoli tutti gli individui”…

Può sembrare un’evidenza, ma fidatevi non lo è. E questa è una di quelle occasioni, nella vita, in cui possiamo comprendere bene il mondo in cui viviamo. Sulla dura esperienza dei nostri amici, certo, ma è una delle cose che possiamo fare perché tutto quello che sta accadendo ci faccia fare un passo avanti!

L’invito che facciamo è di guardare alle giornate di Amburgo e a quello che stanno subendo ancora tanti compagni incarcerati come Fabio, senza i pregiudizi che ci prendono davanti alle scene di violenza montate ad arte in tv, senza la paura di buttare lo sguardo oltre i muri delle nostre esistenze. Essere disposti a far si che lotta e solidarietà siano le nostre armi, lasciando perdere scorciatoie istituzionali, politiciste, gli “amici li in alto” che potrebbero darci una mano in cambio di una bella raddrizzata…

Questo può essere un modo per far si che i mesi di vita rubati ai nostri compagni dallo Stato, non siano stati vani.

E poi, metti il caso: e se dalle crepe aperte nelle nostre sicurezze, inaspettato, passasse un sole mai visto?

Il Postaz


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