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SU HYDRO E I SUOI COMPLICI

È dei giorni scorsi la notizia dell’esito della Conferenza dei servizi, che ha detto stop al monitoraggio in continuo delle emissioni della Hydro di Viale Montegrappa a Feltre.

La prescrizione era stata voluta come conditio sine qua non per l’ampliamento dei forni, e il conseguente aumento della mole di alluminio fusa in pieno centro cittadino: più di 85mila tonnellate all’anno, delle quali fino a 20mila di rifiuti contenenti il 20% di plastica!

L’unico ad esprimersi a favore del mantenimento dei controlli è stato, appunto, il Comune — battuto dal voto di ARPAV, AULSS Dolomiti e Provincia di Belluno. 

Sì, avete capito bene: sono gli stessi enti che in teoria molto dovrebbero avere a cuore la nostra salute e la salubrità dell’ambiente in cui viviamo. 

Non che la cosa ci sorprenda: le ultime dallo stabilimento feltrino non sono che l’ennesimo capitolo della lunga e triste storia di accondiscendenza istituzionale agli interessi delle multinazionali che via via ne sono state proprietarie. Pensate che ARPAV, per dirne una, si premurava di effettuare “ben” due controlli delle emissioni ogni 5 anni.

Una solenne presa per i fondelli, insomma, resa ancor più clamorosa dalle motivazioni ufficiali addotte da Hydro: il grave danno economico che i costi aggiuntivi per i controlli cagionerebbero. Cioè, quantificando, qualche decina di migliaia di euro a fronte di profitti (e bilanci) stratosferici.

Se la preoccupazione maggiore di Hydro è ridurre le spese per lucrare di più, ci chiediamo quali materiali bruceranno in quei forni… Ma del resto neanche questa sarebbe una novità: fino al 2009 non esisteva alcun tipo di filtro nei camini, e tutto lo schifo finiva allegramente nell’aria. Come affermava alcuni giorni fa un ex sindacalista ai giornali locali: “i problemi che erano emersi in quegli anni riguardavano la fusione di alluminio molto ‘sporco’ inquinato da oli e plastiche”.

Il momento in cui viviamo dovrebbe averci ormai insegnato quanto bassa possa essere la soglia di tolleranza quando si parla di “salute” e di “sicurezza”. Ironia della sorte, i dati sul contagio — ovvero l’unità di misura che decreta ormai i margini d’azione della nostra quotidianità — vengono monitorati scrupolosamente e “in continuo”… Dobbiamo forse concludere che per Hydro non valgono le leggi imposte ormai a ogni singolo individuo? ARPAV, AULSS e Provincia pensano forse che non faremmo volentieri anche noi a meno dei controlli?

C’è chi sente la propria «vita» diventare ogni giorno di più sinonimo di «sopravvivenza biologica». C’è chi teme per l’incolumità di sé e dei propri legami. C’è chi può confinarsi in solitudine, e chi invece decide di assumersi dei rischi — per la salute, certo, ma anche con la legge. C’è chi confinarsi non può, e va al lavoro ogni giorno; e c’è chi per mesi non ha potuto neanche alzare la serranda. Per non parlare di chi rimane invisibile e fuori dal conto, perché senza un tetto o un pezzo di carta; o di chi sta patendo gli invisibili effetti del disagio psichico. 

La situazione presente è quanto mai “umana”, complessa nelle sue ragioni e largamente ingiudicabile nei suoi effetti. Eppure viene quotidianamente giudicata secondo criteri che si vogliono “scientifici” e “obiettivi”. Il problema vero, in questo caso, è che le “mandanti morali” di ogni multa covid comminata in nome della “salute” siano poi le stesse autorità sanitarie che quando si tratta di coprire le malefatte ambientali di una multinazionale chiudono un occhio o anche due. Un graffito apparso a inizio pandemia recitava: “Produci, confinati, crepa”, e questa storia ne pare l’ennesima riprova: si tutela solo la «salute» necessaria a compiere queste tre azioni.

Hydro ha reso noto che la situazione non la riguarda. I suoi complici — ARPAV, AULSS e Provincia — ci hanno ricordato che esistono, come al solito, due pesi e due misure. Adesso tocca a noi decidere se rassegnarci anche stavolta, convinti come siamo che “così va il mondo” e che in fondo nemmeno questo “ci tocca”, o se invece prendere parte a un percorso e a una presa di posizione quanto più determinati possibile contro quelli che si sono ormai inequivocabilmente posti come nemici della città e della sua gente.

Il PostaZ – per una vita non imposta

Per approfondimenti, il dossier “Una colata vi seppellirà, ancora” dedicato a Hydro, alluminio e nocività:

 

 

 


Gilet Gialli, 15 febbraio al Postaz

Approfondimenti: On est La Gilet Gialli

 


Hydro: Incontro pubblico mercoledì 4/12 al Bandalarga

Ecco come Hydro rispetta l’ambiente e gli abitanti delle aree in cui opera, il caso del Brasile:

Fora Hydro, un video

Un dossier sull’Alluminio e sulla Hydro in centro a Feltre


Sull’incontro “Fora Hydro” del 5 luglio al Postaz

Con il consueto ritardo pubblichiamo il resoconto dell’incontro “Fora Hydro”, tenutosi il 5 luglio al postaz. Una serata partecipata che si è trasformata in una vera e propria assemblea molto determinata, in cui ci siamo resi conto di tutta l’urgenza di riprendere l’iniziativa dal basso su argomenti che riguardano direttamente la vita di tutti/e. 

Un ritardo che però ci ha permesso di leggere le ultime dichiarazioni sui quotidiani locali, dei responsabili di Hydro Italia e dello stabilimento di Feltre, che ci avvisano con chiarezza che il loro progetto andrà avanti, prendere o lasciare. O ci fidiamo sulla parola che la fabbrica non inquina e che la Hydro vuole solo il nostro bene, o che il comune, la provincia, (e tutti noi) facciano pure quello che vogliono: il loro “progresso” non si ferma!

Report dell’incontro “Fora Hydro” del 5/7/19 al Postaz

Fora Hydro – l’urlo che si sente da anni in Amazzonia, dove le comunità indigene si battono da anni contro le devastazioni e la morte.

Fora Hydro – lo urliamo noi, da Feltre, dopo anni di inquinamento nello stabilimento di via Monte Grappa.

La Terra sta diventando invivibile, ma anche Feltre non se la passa benissimo. Inquinamento, devastazioni e cancro sono epidemie silenziose che ci attanagliano. 

Non saranno le scelte individuali o lo stile di vita eco-compatibile a salvarci. 

Opporsi all’ennesimo aumento delle nocività per chi qui ci lavora e qui ci vive è la nostra risposta all’arroganza di chi pensa solo ad arricchirsi e se ne fotte di tutto il resto!

Queste sono le parole con cui è stata lanciata la serata del 5 Luglio e forse sono le stesse con cui ognuno di noi, quella sera tornando a casa, si è trovato a fare i conti nel bene e nel male, con l’impressione di essere di fronte ad un bivio, con sé stesso e con gli altri. 

Tutto è inizato con la proiezione di un video sull’operato di Hydro a Barcarena in Brasile, dove gli scempi compiuti dal colosso norvegese sembrano parlare da soli e insieme alla situazione di globalità in cui siamo immersi, ci fanno ben intuire chi ci troviamo davanti.

A seguito del video è stato presentato l’elaborato “Una colata vi seppellirà (ancora)” nelle sue varie parti, frutto di un lavoro collettivo di ricerca e riflessioni sugli affari e le azioni di Hydro in giro per il mondo e a Feltre oggi come in passato, dal ricatto del lavoro alle catastrofi ambientali, che è stato di buono spunto per il dibattito seguente. Continue reading


Fora Hydro, un video

”Tra l’altro Hydro ha tra i suoi obiettivi, ovunque operi nel mondo, quello di inserirsi nel tessuto sociale del luogo dove opera ed essere parte della comunità”

Stefano Spinelli, “Il Gazzettino” del 20 luglio 2019

In questo video tutto il senso delle parole del direttore della Hydro di Feltre…

 


FORA HYDRO! UN’INCONTRO

FORA HYDRO!

Fora Hydro è l’urlo che si sente da anni in Amazzonia alle manifestazioni contro la multinazionale dell’alluminio, le nocività e gli assassini di membri della comunità indigene che si battono contro le devastazioni e la morte.

Fuori la Hydro da Feltre è quello che pensiamo noi, dopo anni di presenza di multinazionali inquinanti nello stabilimento di via Monte Grappa.

Ormai è diventato quasi un luogo comune: la Terra sta diventando un luogo invivibile, l’inquinamento e le devastazioni ambientali sono la quotidianità a cui ci siamo abituati. Del resto nel feltrino respiriamo smog per buona parte dell’anno e il cancro è un’epidemia silenziosa che ci attanaglia.

Opporsi all’ampliamento della Hydro è un punto di partenza obbligato per non cadere nella retorica fuorviante di chi cerca di convincerci che solo le scelte individuali, lo stile di vita eco-compatibile, il pannello solare ci salveranno!

Opporsi all’ennesimo aumento delle nocività per chi ci lavora e per chi qui ci vive è la giusta risposta all’arroganza di chi pensa solo advarricchirsi e se ne fotte di tutto il resto!

VENERDÌ 5/7/2018, ore 20:30, AL POSTAZ (davanti alle Poste di Feltre)

Presentazione del dossier: UNA COLATA VI SEPPELLIRÀ (ancora). Hydro, alluminio, nocività (seconda edizione ampliata)

A seguire DIBATTITO APERTO


Un dossier sull’Alluminio e sulla Hydro in centro a Feltre

 

“UNA COLATA VI SEPPELLIRA (ANCORA)”: APPROFONDIMENTO SUI DISASTRI DEL CICLO DELL’ALLUMINIO SCRITTO GUARDANDO ALLA MEGA
FONDERIA “HYDRO” SITA IN CENTRO A FELTRE (bl).

In distribuzione al Postaz.

PUOI SCARICARLO CLICCANDO QUI: UNA COLATA VI SEPPELLIRÀ (ANCORA), o clicca sull’immagine

 

Dall’introduzione:

Gennaio 2010: Feltre si profila sempre più come una cittadina seriale, quella che definiamo una Mc-città come tante. Anche qui, in mezzo agli ambienti che ci circondano con le bellezze e le peculiarità dei luoghi e di chi li abita, si insinuano per volontà politica le contraddizioni più deleterie della logica metropolitana…

(Una colata vi seppellirà, Feltre, Stamperia Desiderio, 2010)

Cominciava così Una colata vi seppellirà, dossier sul ciclo dell’alluminio a Feltre (BL) autoprodotto e distribuito nel 2010. A 9 anni di distanza, la frase che lo apre è ancora drammaticamente attuale.

Allora, Feltre veniva definita Mc-città a causa del tentativo di appiattire le sue peculiarità a favore di una maggiore produttività ed efficienza — termini che negli anni hanno mascherato i peggiori abusi fatti all’ambiente e alle comunità. Allo stesso modo, Feltre oggi vive la desolazione delle zone industriali Mc-ificate nello spopolamento, nei mille appartamenti sfitti, negli innumerevoli cantieri, nei centri commerciali dove comprare le stesse Mc-merci , nelle grandi catene, nelle telecamere di videosorveglianza in ogni dove, nella retorica della sicurezza ad ogni costo… e, ovviamente, nelle industrie con le loro nocività – in particolare, quella dell’ alluminio .

Si parlava al tempo del progetto di ampliamento della fonderia Sapa (ex Alcoa), che avrebbe portato a un aumento vertiginoso dell’inquinamento e delle tossicità variamente disperse nel territorio urbano. Oggi, a distanza di 9 anni, la storia non cambia — cambia solo il nome: non più Sapa, ma Norsk Hydro , che ha rilevato la fonderia nel 2016. È infatti del 28 gennaio 2019 la notizia dell’ennesimo progetto di ampliamento con il relativo incremento della produzione — e tutte le conseguenze che immaginiamo…

Ora come allora, scopo di queste righe è di contribuire alla crescita di un’opposizione realmente efficace a questo progresso scorsoio , secondo l’efficace espressione del poeta Andrea Zanzotto. Non siamo degli esperti, ma persone qualunque. Vogliamo aprire gli occhi su ciò che ci piove addosso sulla nostra pelle, dentro i nostri polmoni, nella nostra vallata e non solo. Vogliamo agire di conseguenza. In questa ricerca, gli esperti che ci hanno aiutato sono le letture sull’argomento, le Osservazioni presentate da alcune sensibilità in opposizione al succitato progetto, i fratelli e le sorelle che in tutto il mondo si oppongono alle nocività e alcune persone che hanno lavorato in queste fabbriche velenose.

Link al vecchio dossier del 2009

 

 


W2H Sabato 1 settembre, ore 17

Welcome 2 hell – padroni di niente, servi di nessuno
Sabato 1 settembre, ore 17
Dibattito “Nuovi linguaggi per la sovversione del presente” – tavola rotonda
Interverranno:
Marcello Tarì (autore di “Non esiste la rivoluzione infelice”), Anna Curcio (Commonware), Gigi Roggero (autore di “Il treno contro la storia”) e Giampaolo Capisani (geopolitico)

Il contributo di Andrea Fumagalli, autore di “Economia politica del comune”

https://youtu.be/b7Ao2Jqou0w


Dal blog Romperelerighe: “Trentino: La grande adunata degli Alpini e la piccola adunata dei (gesti) refrattari”

Ripubblichiamo dal sito romperelerighe.noblogs.org:

La grande adunata degli Alpini e la piccola adunata dei (gesti) refrattari

Un po’ di storia in tempi di amnesia interessata

In guerra la prima vittima è la verità. Eschilo

La Prima guerra mondiale è costata al proletariato italiano 680 mila morti, mezzo milione di invalidi e mutilati, un milione di feriti. A conferma del fatto che, tolti i cenacoli nazionalisti e le ridotte schiere dell’interventismo cosiddetto democratico o “rivoluzionario”, la gran massa dei coscritti visse la guerra come tragica fatalità o come immane macello a cui sottrarsi, parlano gli atti dei tribunali militari: 870 mila denunce, delle quali 470 mila per renitenza; 350 mila processi celebrati; circa 170 mila pene detentive, tra le quali 15 mila all’ergastolo; 4028 condanne a morte (in gran parte in contumacia), delle quali 750 eseguite. Un numero, quest’ultimo, assai superiore a quello delle condanne capitali eseguite in Francia (600), Gran Bretagna (330) e Germania (meno di 50), nonostante la più lunga partecipazione al conflitto e il maggior numero di soldati impegnati dai rispettivi eserciti. I numerosi atti di ribellione e di ammutinamento – dallo “sciopero” per le mancate licenze agli spari in aria, al fuoco indirizzato contro gli ufficiali particolarmente odiati – hanno incontrato una repressione spietata, fatta di decimazioni, di fucilazioni sommarie, di spari alle spalle da parte dei carabinieri, il cui ruolo era quello di spingere anche con le baionette i soldati fuori dalle trincee durante gli assalti suicidi ordinati dai comandanti per conquistare qualche metro di territorio nemico. Tra i generali, «che la guerra l’avete voluta,/ scannatori di carne venduta/ e rovina della gioventù» (Gorizia tu sei maledetta), oltre a Cadorna, «nato d’un cane» (E anche ar me marito), si distinsero nelle fucilazioni sommarie Andrea Graziani, Gugliemo Pecori Giraldi e Carlo Petitti di Roreto, a cui ancora oggi sono intitolati monumenti, vie, piazze, targhe commemorative e rifugi montani (come il rifugio Graziani ai piedi del Monte Altissimo in Trentino).

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1º maggio a Parigi: la necessità di organizzarsi

In risposta all’articolo precedente, un compagno presenta la sua analisi sullo svolgimento della manifestazione del 1º maggio a Parigi, e in particolar modo nella parte più nera del corteo di testa. Confutare le critiche anti-autoritarie all’autoritarismo del Black bloc non significa astenersi da considerazioni più perplesse su tre nodi problematici: la necessità di organizzarsi, le responsabilità individuali e collettive, l’indipendenza del movimento radicale.

 

8 maggio

 

Gli striscioni dell’ormai famoso corteo di testa, che ormai non ha bisogno di presentazioni, si raggruppa al centro del ponte. Dietro, un Black bloc di circa 1200 persone (secondo la polizia) è pronto a dare il via alla manifestazione.

Negli scorsi giorni, come del resto succede dopo ogni manifestazione in cui ci siano sfasci, sono apparsi molti articoli su Internet a fustigare i metodi del Black bloc, invitandolo a farsi più discreto. Ovviamente non si tratta di articoli del Figaro, della BMF TV o di altri organi di propaganda mediatica del sistema capitalista che ci governa. Sono articoli come Appello ai convinti: una critica anti-autoritaria del Black bloc, pubblicati su siti come Paris-Luttes.

Prima di tutto, vorrei rimettere in questione queste accuse. Il Black bloc non è un’entità politica. Il Black bloc non porta in sé la responsabilità collettiva di un’organizzazione sindacale e/o politica. È un assembramento di piccoli gruppi di individui che alle volte si organizzano tra loro. Questi gruppi agiscono liberamente e in piena coscienza. Non ci sono poliziotti o fasci infiltrati all’ordine dello sfascio — e se ci sono, sono pochi.

La tattica del black bloc (perché di tattica si parla, e non di movimento) permette a ciascun individuo d’intraprendere individualmente un’azione, che può essere seguita o meno da altri individui. Ciascuno è responsabile delle proprie azioni. Non esiste alcuna gerarchia alla quale ricondurre le responsabilità.

In questo senso, la tattica del Black bloc si ispira all’ideologia anarchica. Niente leader né capi o altre forme di autorità — per quanto nell’articolo sopracitato si auspichino atteggiamenti meno autoritari nel corteo di testa. Il Black bloc appare se la situazione è propizia, se gli sguardi sono complici e se i manifestanti decidono, ciascuno individualmente, se indossare un k-way e un cappuccio oppure no. Ancora una volta: nessuno decide. Nessuno obbliga. 

È la somma delle decisioni individuali che crea la situazione. Ed è in questo che risiede tutta la forza di queste azioni. Non c’è alcun gruppo autoritario o decisionale a intraprenderle, e mai ci sarà.

A volte, in questo articolo, si parlerà di un “noi” per designare la composizione in Black bloc dei manifestanti radicali. Non fraintendete: questo “noi” non esiste. È semplicemente funzionale alla lettura e alla comprensione.

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